Presentato lo scorso dicembre il dossier “Stop pesticidi nel piatto”, creato dalla collaborazione tra Legambiente e Alce Nero, con lo scopo di fotografare la situazione relativa alla presenza di fitofarmaci utilizzati in ambito agricolo negli alimenti.

Le strategie europee, al centro del Green Deal “From farm to fork” e “Biodivesity 2030”, ci indicano una strada da seguire più sostenibile dal punto di vista ambientale, attraverso il raggiungimento di alcuni target nel 2030 come la riduzione del 50% dei pesticidi, del 20% dei fertilizzanti e del 50% di antibiotici usati negli allevamenti, il 10% di aree ecologiche nei terreni agricoli e del 25% di biologico a livello europeo.

Purtroppo, secondo l’ultimo rapporto European Environment Agency (EEA) le vendite dei fitofarmaci in Europa nel periodo 2011-2020 sono rimaste pressoché stabili, sui 350.000 tonnellate all’anno. In Italia, secondo i dati ISPRA, si ha una graduale riduzione – 6,5% rispetto la rilevazione 2014-2020. Dati utili, ma non interessanti per tirare un sospiro di sollievo.

Nel 2022, sono stati analizzati 6085 alimenti provenienti sia da agricoltura convenzionale e biologica. I dati evidenziano che il 59,18% degli alimenti risulta regolare e privo di residui. Nel 39,21% dei campioni analizzati, sono state rilevate tracce di uno o più residui di fitofarmaci. La categoria più colpita risulta essere la frutta. Nel dettaglio le tipologie di frutta più colpite dai fitofarmaci risultano essere: pere (84,97%), pesche (83%), mele (80,67%). Nelle verdure è stata osservata una maggiore incidenza di campioni privi di residui, pari al 68,55%. Gli ortaggi da foglia presentano la più alta percentuale di irregolarità (4,46%). Tra gli alimenti trasformati si presenta una percentuale bassissima di irregolarità pari allo 0,67%.

I pesticidi maggiormente rilevati sono stati insetticidi e fungicidi, nello specifico Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid e Dimethomorph.

Nel dossier di parla anche di “multiresiduo” ovvero il rischio alimentare dovuto dalla compresenza di pesticidi nel medesimo campione. Nei dati raccolti il multiresiduo ha una frequenza rilevante, pari al 23,54%. La frutta risulta essere la categoria più colpita con una percentuale pari al 50,28%.

Nel 2022 sono stati analizzati 145 campioni di alimenti di agricoltura biologica, di cui il 96,55% è risultato regolare e privo di residui con solamente 1,38% di campioni contenente tracce di uno o più residui di fitofarmaci.

Passando all’analisi dei dati a livello europeo, EFSA (Agenzia per la sicurezza alimentare) ha analizzato 6530 campioni proveniente da agricoltura biologica. Di questi, l’82,8% senza tracce di pesticidi, mentre il 15,4% conteneva tracce di fitofarmaci seppur nei limiti di legge.

Il rapporto Study on the environmental impact of achieving 25% organic land by 2030 di Nicolas Lampkin e Katrin Padel delinea e quantifica i benefici in termini ambientali, di mitigazione del cambiamenti climatici, riduzione dell’inquinamento da azoto e miglioramento della biodiversità  che si otterrebbero con il raggiungimento del 25% dei terreni agricoli biologici nell’UE. Lo studio sottolinea una riduzione delle emissioni di gas serra totali del 15% dell’agricoltura europea, mentre la biodiversità aumenterebbe del 30% sui terreni agricoli biologici rispetto a quelli non bio. Lo studio evidenzia, che la conversione al biologico determinerebbe la riduzione del 90 – 95% dell’uso dei pesticidi. Il biologico contribuirebbe quindi a ridurre significativamente l’inquinamento, mitigando contemporaneamente gli effetti sempre più devastanti del cambiamento climatico.

In generale, le tecniche di agricoltura biologica possono intendersi come funzionali alla rigenerazione dei suoli e alla protezione degli ecosistemi e allo stesso tempo è fondamentale la ricerca scientifica e il consolidamento del sapere dei complessi meccanismi di interazione fra microrganismi del suolo, nutrienti e colture in campo.

In conclusione, per raggiungere gli obiettivi delle strategie europee serve puntare sulle buone pratiche agronomiche che garantiscono la conservazione della biodiversità e adottare tecniche innovative per evitare o ridurre l’utilizzo dei fitofarmaci e favorendo percorsi specifici di formazione ed informazione dedicati agli operatori del settore agricolo attraverso un supporto capillare e scientifico per impedire che siamo da soli di fronte alle sfide che la crisi climatica impone.

Ciascuno deve fare la propria parte per disegnare concretamente un percorso che guardi senza alcuna esitazione all’agricoltura biologica, liberando la nostra agricoltura dalla dipendenza dalla chimica e riconciliandola  con i sistemi naturali, assicurando prodotti buoni, sani e giusti.

Fonte: Dossier “STOP Pesticidi nel piatto 2023, Analisi dei residui dei fitofarmaci negli alimenti” di Legambiente